L’ effettività del rapporto associativo
La lettura della circolare 9E del 24 aprile 2013 dell’Agenzia delle entrate richiede un paio di chiose interpretative, con particolare riferimento alla parte conclusiva ove vengono trattati gli aspetti legati alle violazioni formali degli obblighi statutari concernenti la democraticità e l’uguaglianza dei diritti degli associati Viene qui formulata una premessa importante che si inserisce su un filone, da tempo da noi segnalato che può portare a situazioni di estrema problematicità per il mondo dello sport. Viene detto, infatti, che: “l’effettività del rapporto associativo costituisce presupposto essenziale per il riconoscimento alle associazioni sportive dilettantistiche dei benefici fiscali previsti dalla vigente normativa al fine di evitare l’uso distorto dello strumento associazionistico suscettibile di intralciare – tra l’altro – la libertà di concorrenza tra gli operatori commerciali”. Se tale affermazione appare “condivisibile” per le associazioni, ben maggiori problematicità li potrà avere nell’applicabilità della ipotetica attività istituzionale delle società di capitali in cui il rapporto associativo appare sicuramente più labile e mediato attraverso il tesseramento alla Federazione o all’ente di promozione sportiva di appartenenza. Ciò premesso viene ritenuto che la sussistenza di “atipicità” nella gestione delle associazioni (avviso di convocazione trasmesso via e-mail, mancata indicazione nominativa dei partecipanti alle assemblee, mancata tenuta del libro soci) ” non costituiscono elementi il cui riscontro comporti necessariamente la decadenza dei benefici recati dalla legge 398/91 qualora, sulla base di una valutazione globale della operatività della associazione risultino posti in essere comportamenti che garantiscano il raggiungimento delle medesime finalità” Le omissioni vincolanti, invece, (ossia quelle che denotino una carenza di democraticità e pertanto sanzionate) sono così elencate: 1. mancanza assoluta di comunicazione delle convocazioni assembleari 2. presenza di quote associative diverse a cui corrispondano posizioni con diritti diversi 3. esercizio limitato del diritto di voto. Riteniamo soffermarci sulla seconda. La circolare riporta: “la presenza di diverse quote associative alle quali corrisponda una differente posizione del socio in termini di diritti e prerogative rispetto alla reale fruizione e godimento di determinati beni e servizi”. Appaiono numerosi i circoli tennis, golf, vela in cui gli associati pagano quote associative differenziate rispetto alla possibilità, ad esempio, di utilizzare oltre alla club house e alla palestra e piscina, anche i campi da tennis, da golf o gli ormeggi. Si ritiene che ove, come accade, tutti i soci godano comunque dell’elettorato attivo e passivo, non possano essere queste differenze nelle fruizioni dei servizi che possano far venire meno la “democraticità” o “l’effettività del rapporto associativo”. La circolare conclude con altra affermazione di contenuto non condivisibile. Viene detto, infatti, che la mancata osservanza di quanto previsto dal comma 18 dell’art. 90 punto e) – la parità dei diritti degli associati – della legge 289/02 comporti la decadenza dei benefici recati dalla legge 398/91. Questo appare un errore in cui spesso l’amministrazione finanziaria cade. Il mancato rispetto dell’art. 90 impedirà al soggetto di definirsi associazione sportiva dilettantistica, ma, ove resti confermata l’assenza di scopo di lucro e il rispetto del tetto dei 250.000 euro di volume d’affari commerciale, la legge 398/91, ad avviso di chi scrive, potrà continuare ad applicarsi.